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Dallo scorso dicembre la direttiva 20-20-20 è divenuta esecutiva. Obbliga gli stati membri, entro i prossimi 11 anni, a innalzare la loro quota di rinnovabili sul consumo di energia primaria (elettricità, riscaldamento e trasporti) dall'8,5% attuale fino al 20% medio europeo al 2020 e contemporaneamente di ridurre le emissioni di gas serra e aumentare l'efficienza energetica di pari percentuali. Tutto ciò avrà un costo: secondo uno studio di Ernst & Young nel decennio, e solo nel settore elettrico, saranno necessari investimenti per 500 miliardi di euro, e non solo sulle fonti rinnovabili ma anche sulle necessarie "smart grid" per gestirle.
Tra Scilla degli attuali bassi prezzi petroliferi e Cariddi delle restrizioni del credito. Eppure l'Italia potrà farcela. Nel 2008 il fotovoltaico è cresciuto del 170% e l'eolico del 35%. L'analisi di Ernst&Young pone l'Italia tra i paesi europei con un potenziale naturale per le rinnovabili superiore all'obbiettivo da raggiungere. «Oggi disponiamo di un conto energia per il solare, tra i più generosi al mondo – rileva Silvestrini – e bene ha fatto il Governo italiano a estendere la formula della tariffa incentivata anche al minieolico, alle biomasse, alla geotermia e all'energia ottenuta da moto ondoso». Il recente pacchetto anticrisi ha poi confermato l'esenzione fiscale del 55% per l'efficienza energetica abitativa che, secondo l'Assistal, ha già mosso investimenti per 1,8 miliardi nel 2008 e 2,9 miliardi prevedibili quest'anno. «E vi sono anche margini ulteriori.
Per esempio sulle fonti di calore rinnovabili (fumi industriali, nuova geotermia, ndr) potremmo quintuplicare». «L'importante è spingere su rinnovabili endogene che promuovano produzione, ricerca e lavoro – afferma Costato – ed evitare operazioni speculative, come certi parchi eolici intermittenti che poi ci costringono a bilanciamenti, sulla rete elettrica, fortemente costosi. E poi bisogna sbloccare la burocrazia: non si possono fare i parchi eolici solo dove le amministrazioni sono più accondiscendenti. Non possono essere tollerati sprechi. E tecnologie come il fotovoltaico, il geotermico, le biomasse, l'idroelettrico e il solare termico che ben si sposano con il clima italiano devono essere il catalizzatore per sviluppare un'industria coerente con le potenzialità del nostro territorio».